Gantcho
Boyadjiev´s works are characterized by an oneiric-figurative
style, where symbols play significant role: the buildings grow
roots, seven red snakes compete for an apple, other seven snakes
around a red shoe create the "female" version of a "male"
painting, not to speak about the nine "evolution" snails, the
"mechanical" sunflowers and the flowers in chains. This is not
only the result of the artist's fantasy , but they are truthful
metaphors of a precise message, conditioned by numbers, geometry
lines and colour. Every single painting has a sexual and poetic
reference at the same time, and seen through a malicious and
tempting lens, appears full of life. All the works are based on
the equilibrium between cold and warm colours, but the high
saturation of the colour makes the works brilliant and vivid,
even lively. If you have the chance to see them real , you would
undoubtedly notice they have such intensity I have encountered
in very few other artists and the countless details spread in
very precise geometries appear hypnotic to the spectator! The
brushstroke is absolutely delicate, layers over layers make
everything homogeneous and precise to the limit of obsession.
Only in this way Gantcho can evoke that particular multiple
meaning leading to different interpretations.
Giacomo Momo Gallina
Art critic
Lo stile di Gantcho Boyadjiev
di Adele Ferrari -
giornalista
Nell’inquieta
era moderna - ferma restando l’esigenza introspettiva – l’arte
pare porsi soprattutto domande alle quali non sa dare risposte.
Ma è problematico dare “risposte certe” a quesiti che già non
sono chiari a chi si interroga. Perché, nella vita d’oggi,
nessuna strada che si possa percorrere è sicura?, Perché
l’impotenza o l’incostanza dei sentimenti? Perché lo
smarrimento dei sensi, perché l’inappagata sete di legami e,
nello stesso tempo, di libertà? Perché in un momento si è
angeli nella luce e nell’altro si è angeli tenebrosi?
Gantcho
Boyadjiev, pittore nato a Sofia e residente (dopo un lungo
peregrinare) a Milano, propone con forza i suoi “perché”
attraverso una simbologia di non sempre facile lettura (però
emotivamente coinvolgente!) nella quale si intuiscono il
contemporaneo bisogno di rivelarsi e di nascondersi, l’esigenza
di spiritualità e l’aggressivo richiamo di una temuta carnalità.
La gioia che si vorrebbe eterna – sembra voler dire l’artista -
è solo un sogno che non muore; la serenità cui si aspira forse
è solo un meccanico ripetersi di parole perse tra fiori che non
esistono; la bramosia della carne è un piacere esaltante e
discontinuo, che non si può imbrigliare. La fatica di vivere e
il piacere di esistere, l’insicurezza del quotidiano eppure la
certezza di trovare, in qualche modo, un radicamento: il
dualismo viene espresso con tratti spigolosi immersi in tinte
sfumate o in un bianco lattiginoso che si alternano con linee
morbide; sono spesso “carnose”, tanto da apparire quasi in
rilievo; e hanno colori marcatamente decisi, di esplosiva
lucentezza.
Uomo e artista in
perenne movimento, Gantcho è anche alla ricerca di un sè
perennemente tormentato. Nei suoi quadri ogni soggetto si
compone e scompone in un enorme numero di “tessere” talvolta
obbedienti a un ordine numerico per noi indecifrabile; creano o
spezzano immagini, radicalmente modificandone il disegno; come,
nella vita, provocati da noi stessi o dal destino, gli eventi
voluti o inaspettati modificano il nostro esistere, corroborando
i sogni (che solide catene cercano di trattenere) oppure
alimentando insicurezze e incubi da cui neppure gli angeli
riescono a proteggerci.
La vita che sboccia,
il cuore in catene, la tentazione cui non piace o non si ha la
forza di resistere, i segreti della gioia e del dolore celati
come in vasi di Pandora, l’incapacità di oltrepassare la porta
chiusa per trovare la verità, vivere oltre il limite e poi, nel
buio della notte, domandarsi che cosa non si sia capito nel
giorno e forse, pregare, le mani protese al cielo, per chiedere
“più luce”: questi i temi principali dei lavori del pittore
bulgaro che ormai resiede stabilmente a Milano, la città che è
la sua forza e la sua ispirazione, dalla quale sempre parte con
mille idee e a cui sempre, per prepotente chiamata, ritorna per
realizzarle.
Adele Ferrari - Giornalista